CURE PALLIATIVE E BIOETICA DEL FINE VITA

Un tema delicato di cui si discute da tempo, destinato purtroppo a interagire, e a volte a sovrapporsi, con quello dell’eutanasia: il rammarico per questa commistione è stato espresso dal Dott. Giovanni Ucci, Direttore UOC Oncologia degli Ospedali di Lodi e Casalpusterlengo, ospite col Dott. Diego Taveggia, Direttore della Unità di Cure Palliative e Hospice dell’Asst di Lodi, all’intermeeting organizzato il 5 maggio scorso dai L.C. Lodi Host, Lodi Quadrifoglio e Lodi Torrione, intitolato “Cure palliative e bioetica del fine vita”.
Occorre partire dalla legge n.219/2017, ha esordito il Dott. Ucci, che regola il consenso informato del paziente e ha introdotto le Disposizioni Anticipate di Trattamento (D.A.T.), con la codificazione del diritto del cittadino a decidere le cure cui sottoporsi quando le sue condizioni sono ormai compromesse; il tutto secondo una pianificazione delle terapie che, la legge stessa, fa obbligo al medico di condividere col malato, il quale non deve esserne più l’unico responsabile, come in passato.
Alla base della bioetica moderna vi è dunque il principio che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato del malato, ovvero il principio di autonomia e autodeterminazione, divenuto, grazie alla L. 219/2017, baluardo anche dal punto di vista etico, ma da tempo consacrato nell’art.32 della Costituzione, ha ricordato il Dott. Taveggia.
Il nuovo modello richiede, però, di capire innanzitutto quali siano le terapie appropriate, anche perché col progresso scientifico è sempre più ampio il ventaglio di cure proponibili al paziente, che ne è l’unico decisore. Solo l’11% dei malati sottoposti a cure palliative è consapevole della prossima fine, mentre informarli con chiarezza comporterebbe non solo una minor incidenza di ansia e depressione, ma anche un minor ricorso all’accanimento terapeutico. Inoltre il relatore ha precisato che, sia il trattamento salvavita, sia l’idratazione, sia l’alimentazione, sono da considerarsi trattamenti sanitari che il paziente può rifiutare o di cui può chiedere l’interruzione.
In un momento di scarsità di risorse, tenendo conto che l’86% dei decessi è prevedibile e che, soprattutto, dedicarne il 20% all’ultimo anno di vita non ne aumenta la qualità, il Dott. Taveggia ha sottolineato che, in quale campo impiegarle, diventa anch’essa una scelta etica di primaria importanza, per la quale è basilare la maggior consapevolezza del malato: di qui la necessità di incrementare il ricorso al testamento biologico, per ora redatto solo dallo 0,3 % della popolazione, che consente di superare le problematiche legate a quei frangenti in cui non si è più in grado di decidere.

M. L.

Didascalia foto:
Da sinistra: Annamaria Locatelli, Presidente L.C. Lodi Host; dal Dott. Giovanni Ucci, Direttore UOC Oncologia degli Ospedali di Lodi e Casalpusterlengo; Renzo Tansini, Presidente L.C. Lodi Torrione; Mariuccia Svanini, Presidente L.C. Lodi Quadrifoglio e il Dott. Diego Taveggia, Direttore della Unità di Cure Palliative e Hospice dell’Asst di Lodi.