Migliorare la qualità della vita piuttosto che la semplice estensione della sua durata, incoraggiando a vivere i propri anni con pienezza, attività e lucidità e non solo a sopravvivere: questo, in sintesi, il messaggio della Prof.ssa Patrizia Borsellino, Professore Ordinario di Filosofia del Diritto presso l'Università degli Studi di Milano Bicocca dove tiene anche l’insegnamento di Bioetica ed è Direttore del Dipartimento dei Sistemi giuridici, nostra relatrice nell’intermeeting di apertura del nuovo anno lionistico del 26 settembre u.s. cui hanno partecipato ben 11 club del territorio, alla presenza del Governatore Roberto Rocchetti, del 1°Vice Governatore Mirella Marussich e della Referente Distrettuale per il Tema di Studio Nazionale Anna Fiorentini.
Invitata a parlare sul Tema di Studio Nazionale 2025-2026 “Longevità: un ruolo nuovo nella società di domani”, la Prof.ssa Borsellino ha iniziato definendolo un tema molto attuale nella comunicazione mediatica e oggetto di attenzione scientifica multidisciplinare, argomento che però, anche nell’antichità, è stato trattato e da personaggi illustri, quali Cicerone che, nel primo secolo a.C., ha dedicato la sua opera “De senectute” a Catone il Censore, morto a 85 anni, e da Seneca che, nelle sue “Lettere a Lucilio”, raccomandava di “fare tesoro di tutto il tempo che abbiamo per essere meno schiavi del domani, se ci saremo resi padroni dell'oggi”. Una fase ricca di potenzialità, quindi, per questi due autori, contrariamente ad Orazio ed Ovidio che consideravano la vecchiaia un periodo di vita triste perché accompagnato dalla perdita di persone care o alla Commedia dell’Arte nel Rinascimento che trattava l’anziano Pantalone con toni irriverenti.
Dal punto di vista statistico, lo studio dell’età media della popolazione nel corso dei secoli ci fornisce dati impressionanti! Nel Paleolitico l’età media era 18 anni, nell’Antico Egitto 25, nella Roma Antica tra i 25 e i 35 e nel Medioevo 45. Dal Rinascimento in poi si verifica una diminuzione fino ai 35/40 nell’Ottocento e ai 42 della fine del secolo, in epoca moderna arriviamo a 64 anni nel 1951, già a 65,5 nel 1959 fino agli attuali 83: come si vede leggendo i dati, l’età media di vita è rimasta invariata per secoli per poi fare un grande salto in poco tempo. La nostra relatrice ha dato una spiegazione alla cosa: in primis ha giocato l’abbattimento della mortalità infantile, all’interno di un quadro più ampio di trasformazione degli scenari del vivere che è consistito nel portare la vita fuori dal caso che la governava e mettendola sotto controllo.
Il passaggio dal caso al controllo è dovuto alle conquiste scientifiche: la medicina ha offerto risposte efficaci a malattie che oggi non sono assolutamente mortali per cui la sopravvivenza si protrae e l’inizio, la durata, la conclusione della vita e la sua qualità sono dovuti al controllo da parte della medicina ed il tema della longevità, intesa come prolungamento della vita oltre all’età media, si inserisce in questa aumentata capacità di controllo.
Tornando al titolo dell’articolo, si può davvero pensare di dare vita, cioè qualità, agli anni, oltre l’ovvietà della presenza di elementi fondamentali quali le condizioni di salute e quelle socioeconomiche? A tutt’oggi, la rappresentazione dell’età che avanza è ancora stereotipata, così come mirabilmente riassunta nella frase “senectus ipsa morbus est”, cioè la vecchiaia è un inarrestabile declino ed invece occorre fare la debita differenza tra l’età anagrafica e quella biologica, ciò che consente di rivalutare le potenzialità di creatività dell’anzianità.
In tale ambito, le neuroscienze hanno acquisito conoscenze circa la plasticità cerebrale, cioè la capacità del cervello di produrre nuovi neuroni, attitudine presente anche nella vecchiaia. La plasticità è legata all’esposizione di stimoli psicologici, intellettivi, relazionali, emotivi che incidono sull’ippocampo, così come la regolarità dell’attività fisica. Insomma, le arterie del cervello si rinnovano grazie alle sollecitazioni, agli stimoli esterni nei più disparati ambiti di vita, a cui non bisogna sottrarsi. È così, con quest’ultima informazione, che la bravissima relatrice ha lasciato i presenti con un’indicazione, un incoraggiamento e, bisogna ammetterlo, una speranza!
Silvana Anzellotti